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L'obbligo di adozione del Modello 231 alla luce della Riforma dello Sport: spunti sui contenuti delle Linee Guida di FIGC e FIP

Premessa Tra le novità apportate dalla Riforma dello Sport va certamente sottolineato l’obbligo, per gli enti di settore, di redigere delle linee guida per la redazione di Modelli di Organizzazione, Gestione e Controllo nell’ambito dell’attività sportiva, in uno alla previsione di adottare codici di condotta a tutela dei minori e per la prevenzione di molestie, violenza di genere e ogni altra condizione di discriminazione. Questa previsione funge da raccordo tra le prescrizioni della Riforma e quanto già sperimentato nel tema della compliance aziendale con la predisposizione dei Modelli adottati ai sensi del D.lgs. 231/2001, la cui esperienza pluriventennale è sempre stata supportata da linee guida di Confindustria che hanno fissato i paletti attorno ai quali disegnare e costruire la linee di prevenzione.  Sulla scorta di questo spirito della riforma la Federazione Italiana Giuoco Calcio e la Federazione Italiana Pallacanestro sono state tra le prime a rendere nota l’adozione di linee

Il Modello 231 come scudo penale per le PMI.

Premessa
Le settimane della gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 hanno grandemente inciso sulle aziende del territorio nazionale, il cui tessuto è composto per il 90% da Piccole e Medie Imprese (PMI).
Si è imposta così, con sempre maggiore vigore progressivamente all’avvicendarsi delle varie fasi della ripartenza, la necessaria verifica delle misure di adeguamento della mappatura dei rischi collegati ai processi aziendali alle prescrizioni di contenimento e gestione dell’emergenza sanitaria.
Ed è proprio in relazione agli effetti di breve e medio periodo che si è concentrato il recente Position Paper di Confindustria in ordine alla verifica sull’adeguatezza e tenuta del Modello 231 nel contesto della contingente situazione sanitaria ed economica in cui versa il Paese, soprattutto alla luce della sua efficacia esimente. 
Il documento elaborato da Confindustria muove dal riconoscimento di una certezza: la circostanza, concreta e reale, che la diffusione del Codiv-19 abbia portato al verificarsi di alcuni potenziali profili rischio, che possono classificarsi come diretti o indiretti a seconda dell’incidenza che possono avere effettivamente sul contesto aziendale. 

La logica del rischio diretto.
Come si è già detto in precedenza, http://www.impresaediritto.it/2020/03/gli-impatti-dellemergenza-sanitaria.html, il settore principalmente impattato dall’insorgere del rischio del contagio è senza dubbio quello della sicurezza sul lavoro, le cui fattispecie, oggi racchiuse dal D.lgs. 81/2008, si intersecano, a far data dal 2007, con la disciplina dettata dal D.lgs. 231/2001. 
Il catalogo dei reati comprende, infatti, all’art. 25-septies, tanto l’omicidio quanto le lesioni personali aggravate dalla violazione delle norme in materia di sicurezza sul lavoro. 
La nuova disciplina ha imposto alle aziende di dotarsi di misure specifiche a tutela della salute dei dipendenti, attraverso l’adozione di un documento, il Documento di Valutazione dei Rischi (DVR), incentrato sul concetto del rischio presente nell’organizzazione aziendale per la salute e la sicurezza dei lavoratori.
Tale documento, sicuramente centrale nelle logiche della valutazione dell’adeguatezza normativa dell’organizzazione di impresa, si integra a buon diritto nei protocolli e procedure aziendali valevoli anche ai fini della valutazione di adeguatezza ai sensi del Modello 231. 
Nel corso dell’emergenza da Covid-19, per le imprese che hanno continuato l’attività e per quelle che hanno riaperto all’inizio della fase 2, sono state adottate nuove misure di contenimento del contagio proprio nel contesto aziendale. Tali prescrizioni, contenute nei DPCM, nei Decreti-legge e, non da ultimo, nel Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus da Covid-19, rientrano a buon diritto in quelle imposte, ai sensi dell’art. 2087 c.c., al datore di lavoro perché questi adempia alle obbligazioni a suo carico.
In coerenza con le regole cardine della compliance in generale, l’attività di adeguamento richiesta deve essere comprovata da una reportistica che sia in grado di rendere verificabile tutto l’iter di adeguamento, assicurandone la tracciabilità.
Il nuovo protocollo specifico così adottato va pacificamente a integrarsi nella documentazione che correda, in termini di presidi, il Modello 231 e che viene valutata, proprio ai fini di una logica esimente, in sede di valutazione giudiziaria. 

La logica del rischio indiretto. 
Ben può accadere, inoltre, che lo stato di emergenza a tutt’oggi in corso possa in qualche modo offrire il fianco alla commissione di reati che, sebbene già compresi nel catalogo ex D.lgs. 231/2001, appaiano prima facie slegati dalla gestione dell’emergenza in senso stretto. 
Il riferimento è, secondo il metodo del risk approach, ai delitti contro la PA, nonché, su un piano più specifico, alla corruzione tra privati: oltre che per i classici casi di contatti con le strutture pubbliche, il sempre maggiore ricorso alle misure di sostegno economico ha certamente intensificato i rapporti col settore pubblico comportando la maggiore esposizione al rischio di commissione di reati di questa specie.
Sempre sulla scia dell’appeal alla circolazione del denaro non possono trascurarsi i rischi legati ai delitti contro il patrimonio: ricettazione, riciclaggio e autoriciclaggio diventano fattispecie sensibili nella logica della maggiore disponibilità di risorse finanziarie. 
Di particolare interesse è anche tutta l’area del cyber crime. Non c’è dubbio che il massivo ricorso al lavoro agile, non sempre tempestivamente supportato dalla fornitura di mezzi aziendali, abbia lasciato scoperte le già note criticità di sicurezza
Non possono trascurasi, infine, né i delitti contro l’industria e il commercio, vista la necessità di procurarsi beni specifici, quali mascherine e DPI vari, né quelli di criminalità organizzata, ben potendo la situazione emergenziale aver esposto ad infiltrazioni criminali le aziende, se si pensa, in particolare, alla necessità di liquidità 

Conclusioni.
La prima considerazione che può trarsi dal Position Paper è che l’organizzazione aziendale può fungere da argomento spendibile nel caso in cui l’azienda venga tacciata di essere incorsa in una qualche responsabilità.
L’adozione del Modello 231, per chi non se ne fosse ancora dotato, arriverebbe a fungere la scudo penale se correttamente attuato e adeguato in questo momento storico preciso. 
In questo senso si è espresso anche l’Ordine dei Dottori Commercialisti, secondo cui le aziende saranno chiamate a rivedere la propria organizzazione aziendale, i propri obiettivi di business e di strategia aziendale. 
E non c’è strumento migliore per far questo del Modello 231, la cui adozione permette di scoprire, attraverso l’attività di mappatura dei processi, le loro inefficienze ed evidenziare le dovute opportunità di miglioramento, mentre una sua eventuale implementazione può aiutare a migliorare il sistema di qualità coprendo tutti i processi aziendali.
In questi termini, anche le per le PMI gli strumenti del D.lgs. 231/2001 divengono centrali per la ripresa economica, in un momento storico in cui la pianificazione diviene la principale arma di continuità aziendale.

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