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L'obbligo di adozione del Modello 231 alla luce della Riforma dello Sport: spunti sui contenuti delle Linee Guida di FIGC e FIP

Premessa Tra le novità apportate dalla Riforma dello Sport va certamente sottolineato l’obbligo, per gli enti di settore, di redigere delle linee guida per la redazione di Modelli di Organizzazione, Gestione e Controllo nell’ambito dell’attività sportiva, in uno alla previsione di adottare codici di condotta a tutela dei minori e per la prevenzione di molestie, violenza di genere e ogni altra condizione di discriminazione. Questa previsione funge da raccordo tra le prescrizioni della Riforma e quanto già sperimentato nel tema della compliance aziendale con la predisposizione dei Modelli adottati ai sensi del D.lgs. 231/2001, la cui esperienza pluriventennale è sempre stata supportata da linee guida di Confindustria che hanno fissato i paletti attorno ai quali disegnare e costruire la linee di prevenzione.  Sulla scorta di questo spirito della riforma la Federazione Italiana Giuoco Calcio e la Federazione Italiana Pallacanestro sono state tra le prime a rendere nota l’adozione di linee

LA PREVENZIONE COLLABORATIVA NEL CODICE ANTIMAFIA






Premessa

Come noto, il D.L. n. 152 del 6 novembre 2021, conv. in Legge 29 dicembre 2021, n. 233, recante le disposizioni urgenti per l’attuazione del PNRR e la prevenzione delle infiltrazioni mafiose, ha apportato modifiche al Codice Antimafia (d.lgs. n. 159/2011), introducendo l’art. 94bis, rubricato “prevenzione collaborativa”. 
Tale istituto prevede che il Prefetto, nel caso in cui accerti possibili tentativi d’infiltrazione mafiosa riconducibili a situazioni di “agevolazione occasionale”, prescriva all’impresa (società o associazione interessata), con un provvedimento motivato, l’adozione, per un periodo tra i 6 ed i 12 mesi, di alcune “misure di prevenzione collaborativa” consistenti: 
  1.  nella predisposizione di misure organizzative atte a rimuovere e prevenire le cause di agevolazione occasionale ai sensi degli artt. 6, 7 e 24ter del d.lgs. n. 231 del 2001; 
  2.  nella comunicazione al gruppo interforze istituito presso la Prefettura competente di ogni disposizione economica (ivi compresi gli incarichi professionali e di gestione conferiti) di valore superiore ad €. 5.000 entro 15 gg dal compimento; 
  3. nella comunicazione al gruppo interforze istituito presso la Prefettura competente dei finanziamenti erogati da soci o da terzi nonché dei contratti di associazione in partecipazione stipulati; 
  4. nell’utilizzazione di un conto corrente dedicato, in via anche non esclusiva per i predetti pagamenti. 

Dette misure sono annotate in un’apposita sezione della banca dati ex art. 96 del Codice Antimafia e possono essere revocate o modificate in ogni momento, dando luogo all’informativa antimafia. 
Inoltre, la norma prevede che il Prefetto possa nominare un pool di esperti (massimo tre), che, a fronte del pagamento di un compenso a carico della impresa coinvolta, svolgano attività di supporto nell’esecuzione delle misure di prevenzione. 
Le misure di prevenzione cessano di essere applicate laddove il Tribunale disponga il controllo giudiziario di cui all’art. 34 bis, comma 2, del Codice Antimafia. Tale controllo viene disposto dal Tribunale per un periodo da 1 a 3 anni e consiste nell’adozione di un provvedimento che: 1) imponga nei confronti di chi ha la proprietà, l'uso o l'amministrazione dei beni e delle aziende di cui al comma 1 l'obbligo di comunicare al questore e al nucleo di polizia tributaria del luogo di dimora abituale, ovvero del luogo in cui si trovano i beni se si tratta di residenti all'estero, ovvero della sede legale se si tratta di un'impresa, gli atti di disposizione, di acquisto o di pagamento effettuati, gli atti di pagamento ricevuti, gli incarichi professionali, di amministrazione o di gestione fiduciaria ricevuti e gli altri atti o contratti indicati dal tribunale, di valore non inferiore a euro 7.000 o del valore superiore stabilito dal tribunale in relazione al reddito della persona o al patrimonio e al volume d'affari dell'impresa. Tale obbligo deve essere assolto entro dieci giorni dal compimento dell'atto e comunque entro il 31 gennaio di ogni anno per gli atti posti in essere nell'anno precedente; 2) nomini un giudice delegato e un amministratore giudiziario, il quale riferisce periodicamente, almeno bi-mestralmente, gli esiti dell'attività di controllo al giudice delegato e al pubblico ministero. 
Alla scadenza del “periodo di osservazione”, il Prefetto, se accerta, con il supporto del gruppo interforze, il venir meno dell’agevolazione occasionale, rilascia un’informazione antimafia liberatoria e la iscrive nella banca dati nazionale. 
In altre parole, si tratta di un’attività amministrativa di controllo che dovrebbe consentire un dialogo costante, mediante scambio di documentazione, tra l’impresa e la Prefettura e, quindi, un monitoraggio di quest’ultima, attraverso una cd. task force antimafia, nel caso in cui si venga ad accertare una possibile agevolazione occasionale dell’organizzazione criminale. 

Che cosa s’intende per agevolazione occasionale? 

La norma non è chiara al riguardo, ma si potrebbe desumere che l’azienda sia occasionalmente strumentalizzata dall’organizzazione criminale per conseguire fini illeciti estranei, ossia quando non sia già stata oggetto di precedente monitoraggio dal punto di vista dell’antimafia. 
Invero, in alcuni territori il contatto con l’organizzazione criminale è quasi inevitabile anche solo per la sussistenza di rapporti di parentela tra alcuni dipendenti o i titolari dell’azienda e gli appartenenti alle organizzazioni criminali mafiose. 

Come evitare che l’azienda sia assoggettata ad ingerenze esterne e come adottare misure preventive? 

L’azienda, per evitare di essere destinataria di un provvedimento di interdittiva antimafia, potrà adottare un nuovo Modello di gestione, organizzazione e controllo sulla scorta del modello 231. 
Detto Modello, orientato a favorire la trasparenza e la legalità nei rapporti negoziali, dovrà recare le misure di self cleaning organizzativo che prevedono l’eventuale allontanamento di soggetti che, in ambito aziendale, non abbiano rispettato il codice etico ed hanno dato luogo al sospetto di agevolazione; ciò al fine di ripristinare la piena legalità dell’impresa ove mai quest’ultima si dovesse trovare in una situazione di “agevolazione occasionale”, senza dover subire gli effetti particolarmente gravosi dell’adozione del provvedimento di interdittiva. 



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